Autore: Avvocato Silvio Rivetti
La favorevole possibilità di definire la lite tributaria pendente in Cassazione, versando soltanto il 5% dell’imposta controversa (condonati interessi e sanzioni), presuppone la soccombenza del Fisco in tutti i precedenti gradi di merito. In questo quadro, l’esito del giudizio di rinvio può riservare amare sorprese.
Sommario:
- la risposta all’interpello n. 210/2023: il caso;
- la soluzione del Fisco;
- conclusioni: il principio come applicabile all’odierna definizione delle liti pendenti.
La risposta all’interpello n. 210/2023: il caso
Con la risposta all’interpello n. 210 del 9 febbraio 2023 l’Agenzia delle Entrate, nel rispondere a proposto di dubbi applicativi concernenti il
previo meccanismo di definizione delle liti pendenti in Cassazione, come disposto dall’articolo 5 comma 2 L. 130/2022, detta chiarimenti che appaiono traslabili, quanto ai loro principi ispiratori, anche al più recente istituto della definizione delle liti pendenti di cui all’articolo 1 commi da 186 a 205 della L. 197/2022, Legge di Bilancio per il 2023.
Nel quesito rivolto alle Entrate, il soggetto istante s’interroga se, in un giudizio pendente innanzi alla Corte di Cassazione, avente ad oggetto controversie autonome su più anni d’imposta riunite sin dal primo grado, sia possibile avvalersi della definizione della lite di cui al menzionato articolo 5 comma 2, presupponente tra le altre condizioni la
soccombenza totale o parziale dell’Agenzia delle Entrate in uno dei gradi di merito; laddove la soccombenza erariale risultava, a dire del contribuente, parzialmente su un’annualità in primo grado, e integralmente in secondo grado, a seguito dell’accoglimento del suo appello.
Tale sentenza regionale, tuttavia, era stata impugnata dall’Agenzia delle Entrate, che nel corso di un primo giudizio di legittimità ne aveva ottenuto la
cassazione con rinvio; cui era seguito lo svolgimento di un
nuovo secondo grado di giudizio e l’emanazione di una nuova pronunzia d’appello, stavolta
sfavorevole al contribuente (il quale pertanto l’aveva impugnata innanzi al Supremo collegio, con nuova lite di Cassazione pendente al 16 settembre 2022, e quindi teoricamente definibile).
La soluzione del Fisco
Nella sua risposta, il Fisco
nega l’applicabilità dell’istituto di favore al contribuente, rilevando come non sussista in realtà, nell’articolato processo esaminato,
alcuna soccombenza erariale.
L’Agenzia delle Entrate rileva innanzitutto che non poteva dirsi soccombente in primo grado: in quanto la sentenza provinciale (che per la parte aveva accolto uno dei ricorsi proposti) in realtà certifica le pretese dell’amministrazione, sancendo il buon esito della precedente mediazione a favore dell’ufficio (non a caso disponendo le spese di lite a carico della parte privata).
Ancora più significativamente, poi, il Fisco sottolinea come neppure nella prima sentenza regionale poteva dirsi perdente: per essere stata, tale sentenza,
sostituita in toto dalla seconda sentenza regionale, quella emanata a seguito del
giudizio di rinvio che, per dato di Legge, prende interamente il luogo della pronunzia di secondo grado precedente (confermando così, nel caso in esame, il giudizio di prime cure favorevole all’Erario).
Conclusioni: il principio come applicabile all’odierna definizione delle liti pendenti
La risposta del Fisco,
ineccepibile sul piano tecnico-processuale, rappresenta sicuramente una sgradita sorpresa per il contribuente, sbarrandogli la strada alla possibilità di definire vantaggiosamente la lite: e può rappresentare
precedente altrettanto sgradito a quanti intendano oggi avvalersi della
nuova procedura di definizione liti, come varata nell’ambito della cd. “tregua fiscale” di cui alla Legge di Bilancio per il 2023, che opera secondo
meccanismi analoghi.
Il comma 190 della L. 197/2022 consente, infatti, di definire la lite pendente in Cassazione al 1° gennaio 2023 con il pagamento soltanto del
5% dell’importo della sola imposta (condonate sanzioni e interessi), purché l’Agenzia delle Entrate figuri
soccombente in tutti i gradi del precedente giudizio.
In questa prospettiva, è da prestare attenzione alla regola per cui la sentenza di secondo grado, emanata all’esito del
giudizio di rinvio da Cassazione, elimina la precedente sentenza e la sostituisce nel processo: con possibile
reviviscenza, per questa via, dell’intero carico delle maggiori imposte contestate, se confermate sia in primo grado e sia nella nuova sentenza regionale.