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False dichiarazioni dell’assicurato: disciplina e conseguenze

False dichiarazioni dell’assicurato: disciplina e conseguenze
Autore: Avv. Giulio Brovia

Essendo il contratto di assicurazione finalizzato a trasferire un rischio da un soggetto (assicurato) ad un altro (assicuratore), assume fondamentale importanza l’esatta individuazione di tale rischio al momento della stipula del contratto, sia rispetto alla sua assicurabilità, sia al fine di stabilire le condizioni del contratto (importo del premio, rischi esclusi, eventuali franchigie, etc.).

Normalmente, il contraente viene agevolato nella descrizione del rischio mediante un formulario che l’assicuratore gli sottopone. Ovviamente, le dichiarazioni che il contraente rende in tale momento devono corrispondere al vero: il Codice Civile, infatti, disciplina e sanzione in maniera differente le dichiarazioni inesatte o reticenti da parte dell’assicurato.

Più precisamente, ai sensi degli articoli 1892 e 1893 del Codice Civile, l'inesatta o reticente descrizione del rischio, può causare l'annullamento (art. 1892) o lo scioglimento (art. 1893) del contratto, qualora riguardi circostanze che, se fossero state conosciute dall'assicuratore, avrebbero condotto al suo rifiuto a stipulare il contratto o alla sua accettazione a condizioni diverse da quelle stabilite.

Secondo l’art. 1892, il contratto è annullabile se le dichiarazioni inesatte o le reticenze siano dovute a dolo o a colpa grave dell'assicurato, cioè riguardino fatti rilevanti a lui noti o che dovrebbero essere tali utilizzando una minima diligenza. Si pensi, per esempio, all’assicurato che nasconde una grave malattia di cui è a conoscenza. In questi casi, l'assicuratore, a pena di decadenza, deve dichiarare al contraente la propria intenzione di chiedere l’annullamento del contratto entro tre mesi da quando ha conosciuto l’inesattezza della dichiarazione o la reticenza. Inoltre, se durante il predetto periodo di tre mesi si verifica un sinistro, l’assicuratore non è tenuto a liquidare alcuna indennità.

L’art. 1893 disciplina invece l’ipotesi in cui l'inesattezza o la reticenza non siano dovute a dolo colpa grave. In questi casi, il contratto è valido, ma l'assicuratore può avvalersi del diritto di recesso, che deve essere esercitato, a pena di decadenza, entro tre mesi dalla conoscenza dell’inesattezza o della reticenza. Se ha luogo un sinistro prima della scadenza del termine anzidetto, l'assicuratore non è obbligato a pagare l'indennità, se dimostra che non avrebbe concluso il contratto se avesse conosciuto il reale rischio. In caso contrario, la Compagnia deve pagare un’indennità ridotta in proporzione della differenza tra il premio pattuito e quello relativo al rischio effettivamente assunto.

Ai sensi dell’art. 1932 del Codice Civile, la disciplina descritta può essere derogata dai contraenti soli in senso favorevole all’assicurato: al riguardo, è frequente, nelle polizze vita, l’inserimento di una clausola di cosiddetta incontestabilità, secondo cui l’assicuratore rinuncia, decorso un determinato periodo di tempo, alle facoltà previste dagli articoli 1892 e 1893, salvo il caso di dolo.
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