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Sovraindebitamento e valutazione del merito creditizio: obblighi dell’OCC e conseguenze per l’istituto di credito.

Sovraindebitamento e valutazione del merito creditizio: obblighi dell’OCC e conseguenze per l’istituto di credito.
Autore: Avv. Matteo Conte

Con l’approvazione della legge di conversione del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, c.d. “Decreto Ristori”, il legislatore ha introdotto importanti modifiche alla L. 27 gennaio 2012, n. 3, in parte anticipando l’applicazione di alcune disposizioni già previste nell’ambito del nuovo Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza.

Tra le principali novità, si segnala l’art. 9, comma 3-bis.2, secondo cui l’organismo di composizione della crisi, nella sua relazione, deve indicare se il soggetto finanziatore, ai fini della concessione del finanziamento, abbia tenuto conto del merito creditizio del debitore, e, soprattutto, l’art. 12, comma 3-ter, che, in conseguenza del predetto accertamento, introduce un’importante sanzione processuale per il creditore-finanziatore.

L’art. 9, comma 3-bis, lettera e), prevede poi una disposizione analoga in tema di proposta formulata dal consumatore, onerando l’OCC di indicare nella propria relazione se “ai fini della concessione del finanziamento, il soggetto finanziatore abbia o meno tenuto conto del merito creditizio del debitore valutato, con deduzione dell’importo necessario a mantenere un dignitoso tenore di vita, in relazione al suo reddito disponibile (...)”.

Com’è noto, infatti, l’art. 124-bis, comma 1, D.Lgs 1.09.1993, n. 385 (c.d. “Testo Unico Bancario”), dispone che, prima della conclusione del contratto di credito, il finanziatore debba valutare il merito creditizio del consumatore sulla base di informazioni adeguate, se del caso fornite dal consumatore stesso, e, ove necessario, ottenute consultando una banca dati pertinente.

Il nuovo art. 9 L. 3/2012 impone, dunque, all’Organismo di Composizione della Crisi di operare un’attenta valutazione sulla diligenza dell’istituto di credito in occasione della concessione del finanziamento, al fine di comprendere se sussistessero le condizioni di solvibilità del debitore o se, invece, il suo inadempimento rappresentasse un’ipotesi prevedibile.

Qualora l’OCC verifichi che il merito creditizio non sia stato adeguatamente valutato, troverà applicazione il novellato art. 12, comma 3-ter, secondo cui il creditore che abbia colpevolmente determinato la situazione di indebitamento o il suo aggravamento - ovvero, nel caso di accordo proposto dal consumatore, che abbia violato i principi di cui al citato articolo 124-bis del Testo Unico Bancario - non potrà presentare opposizione o reclamo in sede di omologa, anche se dissenziente, né far valere cause di inammissibilità che non derivino da comportamenti dolosi del debitore.

A fronte di tale sanzione processuale, qualche autore ha parlato di “meritevolezza inversa” (un chiaro riferimento alla copiosa giurisprudenza in tema di meritevolezza del debitore, quale requisito per accedere alle procedure di composizione della crisi), osservando come l’obbligo di verifica del merito creditizio rappresenti un corollario del più ampio onere di diligenza del creditore-finanziatore, posto non soltanto a tutela del consumatore, ma altresì a garanzia della sanità e stabilità del mercato del credito.

Del resto, la giurisprudenza aveva già da tempo introdotto, nell’ambito del giudizio di meritevolezza del debitore insolvente, la necessità di valutare anche il comportamento del finanziatore. In tal senso, si pensi, ad esempio, al Tribunale Ordinario di Napoli che, omologando un piano del consumatore, aveva ritenuto sussistente la meritevolezza del debitore sul presupposto che le banche avevano continuato a finanziarlo in assenza di una qualsivoglia verifica circa il suo merito creditizio (ordinanza del 21.10.2020, Est. Dr. Graziano).

Infine, secondo il Tribunale Ordinario di Rimini - che per primo, lo scorso 21.01.2021 (Est. Dr. Lico), si è pronunciato sul nuovo art. 9, comma 3-bis - la valutazione dell’OCC in ordine alla condotta del soggetto finanziatore sarebbe obbligatoria e non suscettibile di alcuna deroga. Il Tribunale riminese, esaminata la proposta di accordo depositata, ha infatti ritenuto non soddisfatto il requisito previsto dalla nuova disposizione, assegnando alla parte un termine per provvedere all’integrazione del ricorso.
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