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La radicale ristrutturazione dello Studio non beneficia della detrazione IVA

La radicale ristrutturazione dello Studio non beneficia della detrazione IVA
Autore: Dott.ssa Elena Maria Ottino

Il professionista che decide di ristrutturare lo Studio locato, sopportandone le spese, potrà detrarre l’IVA dei lavori eseguiti per il mero adattamento dei locali all’attività professionale e non anche per gli eccedenti. Sugli eventuali costi di una radicale ristrutturazione dell’immobile preso in locazione, esorbitanti rispetto al mero adattamento all’esercizio della professione, il suo diritto alla detrazione verrà negato in quanto costi non inerenti all’attività.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione che, con l’ordinanza n. 14853 dello scorso 11 maggio, ha confermato la decisione della CTR di ritenere legittimo l’avviso di accertamento che contestava la detraibilità dell’IVA sugli acquisti effettuati per la ristrutturazione di un immobile condotto in locazione da un architetto e adibito a Studio professionale.

II caso di specie

Presentato ricorso contro l’avviso di accertamento, l’architetto-locatario vedeva riconosciute le sue ragioni in primo grado. La sentenza è stata ribaltata dalla Commissione tributaria che, adita dall’amministrazione finanziaria, ha ritenuto fondata la pretesa dell'Erario sostenendo che l'ammontare degli esborsi per la ristrutturazione confliggesse con un canone di economicità che non trova obbiettiva giustificazione in rapporto alla entità elevata dei costi sostenuti.

La decisione è stata impugnata dall’architetto dinanzi alla Cassazione, per due motivi:
  • per avere la CTR erroneamente ritenuto che la detrazione dell'IVA sarebbe possibile solo in relazione al mero adattamento dei locali all’attività professionale del conduttore, non anche qualora eccedente rispetto a tale adattamento, tra l'altro riprendendo una questione - quella dell'inerenza delle spese - non reiterata, nè coltivata in secondo grado dall'Agenzia;
  • per aver la CTR ritenuto privo di valide ragioni economiche ed antieconomico l'onere assunto dal conduttore-contribuente della ristrutturazione straordinaria dell'immobile.

La decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto il primo motivo infondato e il secondo inammissibile. Per gli Ermellini, la CTR ha, infatti, accertato che la singolare operazione economica posta in essere dal contribuente - in virtù della quale una spesa straordinaria di radicale ristrutturazione dell'immobile di competenza del locatore proprietario dell'immobile veniva sostenuta dal locatario libero professionista - è stata contestata dall'Agenzia ad ampio spettro nella sua dimensione elusiva. Nel quadro di detta operazione l'antieconomicità non ha rappresentato il profilo assorbente. Piuttosto, scrive la Corte, “la portata esorbitante dell'esborso effettuato in funzione della ristrutturazione complessiva del bene e del suo cambio d'uso è espressiva, tanto nella contestazione dell'Agenzia, quanto nella ricostruzione della CTR che su detta contestazione si sofferma, proprio della non inerenza della spesa”.

In ordine all’inerenza dei costi la Cassazione ha ribadito come, in materia di IVA, “l'inerenza del costo non può essere esclusa in base ad un giudizio di congruità della spesa, salvo che l'Amministrazione finanziaria ne dimostri la macroscopica antieconomicità ed essa rilevi quale indizio dell'assenza di connessione tra costo e l’attività d'impresa" (Cass. n. 19804 del 2018). Secondo l’orientamento della Corte, benché in campo IVA il giudizio di congruità non escluda il diritto alla detrazione, viceversa lo condiziona qualora l'antieconomicità dell'operazione sia manifesta e macroscopica e dunque esulante dal normale margine di errore di valutazione economica, tanto "da assumere rilievo indiziario di non verità della fattura o di non inerenza della destinazione del bene o servizio all'utilizzo per operazioni assoggettate ad IVA" (Corte di Giustizia, 2 giugno 2016, in C263/15, Lajve'r; Cass. n. 2875 del 2017). In detta ipotesi, spetta al contribuente provare che la prestazione del bene o servizio è reale ed inerente all’attività svolta (Cass. n. 2240 del 2018).

Nel caso concreto, per gli Ermellini, la CTR si è curata di accertare la non inerenza dei beni rispetto all'attività professionale svolta, valorizzando la descrizione delle opere contenuta nel capitolato allegato al contratto di locazione ed evidenziando come le stesse non siano consistite "in un semplice adattamento dei locali alle esigenze connesse alla attività professionale del locatario", piuttosto sostanziandosi in una "ristrutturazione completa e radicale dell'immobile, comprensiva dei lavori di rimozione e rifacimento del manto di copertura dell'edificio, smantellamento e rimozione degli impianti tecnologici, demolizione e rimozione della pavimentazione interna ed esterna, delle vasche di raccolta e trattamento dei liquami e delle connesse tubazioni". Dette opere "all'evidenza esorbitanti dal mero adattamento" implicano il venire meno del requisito della pertinenza della spesa allo svolgimento della libera professione del ricorrente.
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