Autore: Avv. Giulio Brovia
Riprendendo il tema del risarcimento del danno patrimoniale da perdita della capacità lavorativa specifica (già trattato in due precedenti articoli - si vedano i link più avanti) una recente pronuncia della Cassazione (Cass. civ., ord., 16 febbraio 2024, n. 4289) si è occupata dei criteri da utilizzare per l'eventuale riconoscimento di tale ristoro anche nei confronti del danneggiato disoccupato.
L'ordinanza in commento trae origine dalla vicenda di un giovane uomo che, a seguito di un'erronea operazione chirurgica, era divenuto inidoneo a svolgere l'attività lavorativa di autotrasportatore (non potendo mantenere a lungo la posizione seduta), che aveva sempre svolto sino a poco tempo prima dell'intervento, quando, a causa del fallimento del proprio datore di lavoro, era venuto a trovarsi in stato di disoccupazione.
La richiesta di risarcimento del danno patrimoniale fu respinta in primo grado e solo parzialmente accolta in grado d'appello, con liquidazione equitativa.
A seguito del ricorso del danneggiato, l'ordinanza in commento, nel criticare la sentenza di secondo grado, chiarisce alcuni importanti aspetti che occorre tenere a mente in queste fattispecie:
- la circostanza che il ricorrente danneggiato avesse conservato una ridotta capacità di svolgere lavori diversi da quello di autotrasportatore attiene all'ambito della capacità lavorativa generica e costituisce un danno patrimoniale da liquidare in via equitativa e distinto dalla perdita di capacità lavorativa specifica, ovvero dall'impossibilità di svolgere l'attività abituale;
- il principio di integralità del risarcimento sancito dall'art. 1223 c.c. impone di liquidare anche il danno da perdita di capacità lavorativa specifica, ponendo come base di calcolo il reddito perduto e moltiplicandolo per un coefficiente di capitalizzazione.
Quanto sopra presuppone, tuttavia, che al momento dell'evento dannoso sia in atto un rapporto di lavoro: quid iuris in caso di danneggiato disoccupato?
Nel richiamare un proprio precedente (Cass. 26/05/2020, n. 9682), la Corte afferma i seguenti principi:
- anche quando la vittima, al momento del sinistro, si trovi in stato di disoccupazione sussiste - astrattamente - la possibilità di liquidare il danno da perdita di capacità lavorativa specifica;
- a tale fine, occorre però che il predetto stato sia involontario ed incolpevole (per esempio dovuto a ragioni oggettive legate al datore di lavoro), oltre che temporaneo e contingente (bisogna cioè fornire la dimostrazione che il danneggiato, se non avesse subito il danno, avrebbe trovato una nuova occupazione consistente nella medesima attività lavorativa).
Si riporta di seguito un estratto dell'ordinanza in commento in cui è affermato il predetto principio: “in applicazione del principio dell'integralità del risarcimento sancito dall'art. 1223 cod. civ., la necessità che il danno da perdita della capacità lavorativa specifica sia liquidato ponendo a base del calcolo il reddito che la vittima avrebbe potuto conseguire proseguendo nell'attività lavorativa andata perduta a causa dell'illecito o dell'inadempimento (salva l'esigenza di tener conto anche della persistente - benché ridotta - capacità del danneggiato di procurarsi e mantenere un'altra attività lavorativa retribuita), sussiste non solo nell'ipotesi di cessazione di un rapporto lavorativo in atto al tempo dell'evento dannoso, ma anche nell'ipotesi in cui la vittima versi in stato di disoccupazione, ove si tratti di disoccupazione involontaria e incolpevole, nonché temporanea e contingente, sussistendo la ragionevole certezza o la positiva dimostrazione che il danneggiato, qualora fosse rimasto sano, avrebbe stipulato un nuovo rapporto di lavoro avente ad oggetto la medesima attività lavorativa o comunque una attività confacente al proprio profilo professionale”.
Sulla scorta di quanto sopra, la sentenza di secondo grado è stata cassata con rinvio ad altra sezione della medesima Corte d'Appello.