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Le Sezioni Unite sulla prededucibilità, in sede fallimentare, del credito del professionista per l’attività resa nell’ambito della procedura di concordato preventivo

Le Sezioni Unite sulla prededucibilità, in sede fallimentare, del credito del professionista per l’attività resa nell’ambito della procedura di concordato preventivo

Autore: Avv. Matteo Conte

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza n. 42093 del 31.12.2021, ha previsto che il credito del professionista incaricato dal debitore per l’accesso alla procedura di concordato preventivo sia considerato prededucibile, anche nel successivo e consecutivo fallimento, se la relativa prestazione sia stata funzionale, ex art. 111, comma 2, LF, alle finalità della prima procedura, contribuendo con inerenza necessaria, secondo un giudizio ex ante rimesso all’apprezzamento del giudice del merito, alla conservazione o all’incremento dei valori aziendali dell’impresa, sempre che il debitore venga ammesso alla procedura ai sensi dell’art. 163 LF.

Restano impregiudicate - ha concluso la Corte - da un lato, la possibile ammissione al passivo con l’eventuale causa di prelazione, e, dall’altro, l’esclusione, totale o parziale, del singolo credito ove si accerti l’inadempimento dell’obbligazione assunta o la partecipazione del professionista ad attività fraudatoria.

Le Sezioni Unite affrontano dunque l’annoso tema, da tempo controverso in giurisprudenza, relativo alla prededucibilità del credito vantato dai professionisti che hanno assistito il debitore, poi dichiarato fallito, nella procedura di concordato preventivo.

Nel caso sottoposto all’attenzione della Cassazione, il Tribunale di Mantova aveva rigettato l’opposizione allo stato passivo promossa da un Dottore Commercialista avverso il provvedimento del Giudice Delegato che aveva respinto la sua richiesta di essere ammesso in prededuzione al passivo del fallimento.

In particolare, il Dottore Commercialista aveva svolto attività di consulenza durante la pendenza della domanda di concordato “con riserva”, ex art. 161, comma 6, LF, ma, prima di giungere all’effettivo deposito della proposta, il debitore aveva rinunciato alla domanda, con conseguente dichiarazione di fallimento.

Nel merito, il Tribunale di Mantova aveva ritenuto di disattendere le pretese del Commercialista, negando la prededuzione e ritenendo che la sua attività non avesse effettivamente determinato alcun beneficio per la procedura - inteso come “accrescimento dell’attivo e salvaguardia della sua integrità” - e che la rinuncia del debitore prima del deposito della proposta avrebbe interrotto il “carattere funzionale della prestazione”.

Il Commercialista ha dunque presentato ricorso per Cassazione, insistendo per il riconoscimento della natura prededucibile del proprio credito professionale e sostenendo la violazione dell’art. 111 LF e dell’art. 161, comma 7, LF, secondo cui “dopo il deposito del ricorso e fino al Decreto di omologazione, i crediti di terzi eventualmente sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore sono prededucibili ai sensi dell'articolo 111”.

L’attuale formulazione dell’art. 111, comma 2, LF, prevede infatti che debbano ritenersi prededucibili i crediti “così qualificati da una specifica disposizione di Legge”, nonché quelli sorti “in occasione” o “in funzione” delle procedure concorsuali.

In proposito, i maggiori dubbi interpretativi erano sorti proprio in merito alla c.d. “funzionalità” del credito, in quanto astrattamente idonea a ricomprendere, come nel caso in questione, anche i crediti sorti anteriormente alla procedura concorsuale. Sul punto, la giurisprudenza di legittimità si era storicamente divisa in tre diversi orientamenti.

Una parte della giurisprudenza ricollegava la “funzionalità” all’effettiva “utilità” della prestazione professionale, riconoscendo dunque la prededuzione al credito laddove la prestazione del professionista si fosse posta in un rapporto di “adeguatezza funzionale” con le necessità dell’impresa e con un apporto di utilità alla massa, e rimettendo al giudice, con una valutazione ex post, la reale utilità della prestazione.

Un secondo orientamento riconosceva invece la natura prededucibile del credito prescindendo da qualunque valutazione circa l’utilità della prestazione, trattandosi comunque di attività strumentale - e, dunque, “funzionale” - all’accesso alla procedura.

Infine, un terzo orientamento - fatto proprio dall’odierna Sezioni Unite - subordinava la prededucibilità del credito del professionista all’apertura della procedura di concordato preventivo.

In proposito, le Sezioni Unite hanno ritenuto che la “funzionalità” di cui all’art. 111 LF esprima “un’attitudine di vantaggio per il ceto creditorio, compendiato nella stessa procedura concorsuale in cui esso è organizzato, così attenendo a crediti maturati in capo a terzi, per prestazioni svolte anche prima dell’inizio della procedura (quesito vii) e perciò al di fuori di un diretto controllo dei relativi organi ma comunque in una relazione di inerenza necessaria allo scopo dell’iniziativa, più che al risultato”.

Secondo la Corte, dunque, il riconoscimento della prededuzione presuppone, da un lato, l’apertura della procedura di concordato, e dall’altro una “positiva valutazione ex ante della strumentalità” della prestazione del professionista, che dovrà essere esclusa laddove emerga “l’inidoneità causale dell’apporto del terzo alle finalità istituzionali della procedura”.

La Cassazione ha dunque respinto il ricorso presentato dal professionista, enunciando il principio di diritto riportato in premessa.

Con riferimento alla necessità che la procedura di concordato venga effettivamente “aperta”, le Sezioni Unite hanno infine osservato come l’esclusione della prededuzione “non discende in modo diretto dall’insuccesso della domanda, bensì dall’inidoneità causale dell’apporto del terzo alle finalità istituzionali della procedura, avendo egli configurato la propria opera, in caso di concordato non ammesso o rinunciato, verso elementi di un progetto non consegnato alle valutazioni dei creditori, cui invece - per finalità tipica dell’istituto - la proposta del debitore dev’essere diretta”.

Difficile, in proposito, non osservare come tale principio rischi evidentemente di trasformare la prestazione del professionista in una vera e propria obbligazione “di risultato”.

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