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I sinistri “transfrontalieri” ed il diritto internazionale privato

I sinistri “transfrontalieri” ed il diritto internazionale privato
Autore: Avv. Giulio Brovia

Accade con discreta frequenza a chi opera nell’ambito del diritto assicurativo di assumere incarichi di difesa in favore di clienti danneggiati in occasione di un sinistro stradale avvenuto in un Paese membro dell’Unione Europea diverso dall’Italia. Ciò a maggior ragione per chi, come il sottoscritto, vive e lavora in una zona vicino al confine di Stato (nel caso di specie con la Francia).

In tali circostanze, prima ancora di calarsi nel merito della vicenda, analizzando la dinamica dell’incidente, v’è da chiedersi a quale Paese spetti la giurisdizione, quale sia il criterio per determinare la competenza territoriale e quale sia la Legge applicabile.

Trattandosi di problematiche di diritto internazionale privato, occorre fare riferimento a quanto disposto in materia dalla normativa europea. Per quanto concerne la giurisdizione e la competenza, il combinato disposto degli articoli 11 e 13 del Regolamento UE n. 1215/2012 consente ai danneggiati da un sinistro transfrontaliero di agire giudizialmente in via diretta contro l'assicuratore straniero del veicolo responsabile dinanzi al proprio foro di residenza, qualora tale azione sia prevista dall’ordinamento nazionale.

Nel caso dell’Italia, tale azione diretta è consentita espressamente dall'art. 151 comma V del D.Lgs 209/2005, che stabilisce: “Nelle ipotesi di cui al presente articolo gli aventi diritto al risarcimento possono agire direttamente contro l'impresa di assicurazione che copre la responsabilità civile del responsabile”.

Tale assetto costituisce un indubbio vantaggio per le parti processuali più deboli, spesso costituite da singole persone fisiche, che possono convenire le compagnie assicurative straniere “a casa propria”, senza sobbarcarsi i costi e le maggiori difficoltà che deriverebbero da una causa all’estero.

Venendo alla Legge applicabile, l’art. 4 par. 1 del Regolamento UE n. 864/2007 stabilisce che essa è quella del Paese dove accade il danno, salvo che (par. 2), “il presunto responsabile e la parte lesa risiedano abitualmente nello stesso Paese nel momento in cui il danno si verifica”. In conformità a tale regola, si potranno quindi verificare due ipotesi distinte. La prima - più rara - è che le parti coinvolte nel sinistro risiedano nel medesimo Paese dell’UE (è il caso, per esempio, di un incidente in Francia tra due italiani): in questo caso si applicherà la Legge del Paese di comune residenza. La seconda - assai più frequente - è che le parti coinvolte nel sinistro risiedano in diversi Paesi dell’UE (esempio: incidente in Austria tra un italiano ed un austriaco) in questo caso al sinistro si applicherà la Legge del luogo ove si è verificato il fatto, con tutte le differenze del caso in ordine al riconoscimento ed alla quantificazione di determinate voci di danno.

Su quest’ultimo aspetto è di recente ancora intervenuta la Cassazione, che, con la sentenza n. 18286/2021, dando continuità ad un proprio precedente pronunciamento (Cassazione civile sez. III, 21/08/2018, n.20841), ha ribadito che “la domanda di risarcimento del danno scaturente da fatto illecito avvenuto all'estero, commesso nei confronti di cittadino italiano da parte di un cittadino di altro Stato, anche quando possa essere conosciuta dal giudice italiano secondo le regole sulla giurisdizione, è soggetta alla Legge del luogo ove è avvenuto il fatto senza che, ove la Legge straniera porti a negare il risarcimento del danno non patrimoniale, ovvero a determinarlo in misura inferiore a quanto previsto dalla Legge italiana, possa ritenersi violato il diritto dell'Unione europea o quello costituzionale”.

Ciò comporta la necessità, per l’operatore del diritto, di confrontarsi con ordinamenti stranieri che, talvolta, differiscono in maniera rilevante dal nostro.
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