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Ammissibile l’opposizione allo stato passivo depositata in un errato registro di cancelleria

Ammissibile l’opposizione allo stato passivo depositata in un errato registro di cancelleria
Autore: Avv. Matteo Conte

La Massima

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15243 del 12.05.2022, ha previsto che, il deposito telematico dell’atto di opposizione allo stato passivo presso un registro di cancelleria diverso da quello dedicato agli affari civili contenziosi (nel caso di specie, volontaria giurisdizione), non comporta alcuna conseguenza invalidante; ciò non soltanto perché una simile circostanza, in difetto di espressa previsione di Legge, non comporta alcuna nullità, ma anche perché, una volta che l'atto sia stato inserito nei registri informatizzati dell'ufficio giudiziario, può dirsi raggiunto lo scopo, costituito dal contatto tra la parte e l'ufficio giudiziario.

Il Caso

Nel caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte, una società aveva proposto opposizione allo stato passivo di un fallimento, avanti il Tribunale di Castrovillari, lamentando l’ammissione parziale di un proprio credito vantato in forza di due Decreti ingiuntivi emessi sulla base di fatture.

Il ricorso veniva depositato tempestivamente, ma presso un registro di cancelleria errato (volontaria giurisdizione, in luogo di quello dedicato agli affari civili contenziosi). Pertanto, l’opponente effettuava un secondo deposito, nel registro corretto, ma oltre il termine previsto per l’opposizione allo stato passivo, depositando altresì un’istanza di rimessione in termini.

Il Fallimento si costituiva in giudizio, eccependo l'inammissibilità dell'opposizione, in quanto tardiva, chiedendone comunque il rigetto nel merito.

Accogliendo la tesi proposta dal Fallimento, il Tribunale dichiarava inammissibile l’opposizione, osservando come il ricorso fosse stato depositato telematicamente oltre il termine perentorio di trenta giorni dall’esecutività dello stato passivo, ritenendo altresì insussistenti i presupposti per la rimessione in termini, avendo la ricorrente depositato il proprio atto in un registro di cancelleria errato.

La società opponente proponeva dunque ricorso per Cassazione.

La decisione della Corte

La Suprema Corte ha osservato preliminarmente come, nei procedimenti contenziosi incardinati dinanzi ai Tribunali successivamente al 30.06.2014, il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite debba avvenire esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici.

Nell’ambito delle procedure concorsuali, tale disposizione trova tuttavia applicazione esclusivamente al deposito degli atti e dei documenti da parte del curatore, del commissario giudiziale, del liquidatore, del commissario liquidatore e del commissario straordinario (art. 16-bis, comma 3, D.L. 179/2012).

In primo luogo, dunque, la Cassazione ha osservato come la parte opponente, nel caso in esame, non avesse l'onere di provvedere al deposito telematico del ricorso in opposizione allo stato passivo e che, in difetto di una espressa disposizione di Legge, l’utilizzo dello strumento telematico rappresentasse una sua mera facoltà.

La Suprema Corte ha inoltre richiamato un principio consolidato secondo cui “in tema di opposizione allo stato passivo, il ricorso deve essere proposto entro trenta giorni dalla comunicazione del Decreto di esecutività dello stato passivo, mediante deposito presso la cancelleria del tribunale, ai sensi della L.Fall., art. 99, comma 1” e che, “in caso di deposito telematico, ai fini della verifica della tempestività, il ricorso in opposizione deve intendersi proposto nel momento in cui viene generata la ricevuta di consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della Giustizia, ai sensi del D.L. 179 del 2012, art. 16-bis, comma 7, conv. con modif. in L. 221 del 2012, insufficiente essendo la sua mera notifica, entro detto termine, all'indirizzo PEC del curatore” (Cassazione Civile, n. 4787/2018).

Dunque, secondo la ricostruzione della Corte, dal dato normativo emergerebbe come il ricorso in opposizione allo stato passivo possa essere depositato sia in forma cartacea, sia in forma telematica: ove l’opponente opti per la modalità telematica, ai fini della tempestività varrà unicamente la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della Giustizia, mentre sarebbe irrilevante la corretta individuazione del registro di cancelleria.

In conclusione, secondo la Suprema Corte, ai fini della tempestività dell’opposizione allo stato passivo, nessuna rilevanza invalidante può essere attribuita alla circostanza dell'avvenuto deposito telematico dell'atto presso un registro di cancelleria diverso da quello dedicato agli affari contenziosi. Ciò non soltanto perché una simile circostanza non determina, neppure in generale, una nullità, in difetto di espressa previsione di Legge (art. 156 c.p.c.), potendo risolversi solo in una mera irregolarità; ma anche perché una volta che l'atto sia stato inserito nei registri informatizzati dell'ufficio giudiziario, previa generazione della ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della Giustizia, è sempre integrato il raggiungimento dello scopo, rappresentato dalla presa di contatto tra la parte e l'ufficio giudiziario, così come può dirsi ottenuta la messa a disposizione dell'atto medesimo a favore delle altre parti (in proposito, in analogia col giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, si veda anche Cassazione Civile n. 9772/16).

La Suprema Corte ha dunque accolto il ricorso, cassando il Decreto impugnato e rinviando al Tribunale di Castrovillari, in diversa composizione, per l'esame dell'opposizione allo stato passivo.
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