Autore: Avv. Matteo Conte
Il Tribunale
di Bologna, con provvedimento emesso in data 4.08.2020, ha ritenuto
ammissibile, ai sensi degli artt. 14 ter e
seguenti L. 27 gennaio 2012, n. 3, la domanda di liquidazione del patrimonio
presentata da un consumatore, pur in assenza di beni mobili o immobili
liquidabili e in sola presenza di crediti futuri derivanti dal rapporto di
lavoro.
La proposta
di liquidazione del consumatore consisteva, infatti, nella messa a
disposizione, in favore dei creditori, di un quinto del proprio stipendio,
dell’importo integrale della tredicesima mensilità e del TFR accumulato sino al
momento del deposito della domanda.
Il
Tribunale di Bologna, previo accertamento della natura "incolpevole" dell'indebitamento -
non essendo emersa dalla relazione dell'Organismo di Composizione della Crisi
la "prova di una condotta
qualificabile come manifestamente negligente nell'avere assunto le obbligazioni"
- ha accolto la domanda presentata dal debitore, osservando come
l'insufficiente valore dei beni destinati al soddisfacimento dei creditori non
valesse, di per sé, a rendere inammissibile l'accesso alla procedura di
liquidazione.
La decisione del
Tribunale di Bologna si colloca così nel solco tracciato dai Tribunali di
Milano (16.09.2017), Rovigo (31.01.2018), Pordenone (14.03.2019), Matera
(24.07.2019) e Verona (21.12.2018), che, negli ultimi anni, si erano espressi
in tal senso.
Tra i precedenti
contrari, si segnala il Tribunale di Mantova (18.06.2018), secondo il quale,
invece, la procedura di liquidazione del patrimonio presupporrebbe, per
definizione, la presenza di un patrimonio mobiliare o immobiliare
liquidabile.
Tale orientamento, che trova il
suo principale argomento nell'interpretazione letterale dell'art. 14 ter, è stato tuttavia contestato e
ormai pressoché superato dalla giurisprudenza maggioritaria.
Il Tribunale
di Bologna, richiamando principi già emersi nel dibattito giurisprudenziale, ha
evidenziato come la disciplina della liquidazione del patrimonio sia
sostanzialmente mutuata da quella fallimentare, potendosi facilmente
confrontare la simmetria terminologica e funzionale: in proposito, se non si
discute dell'ammissibilità della domanda di fallimento in proprio presentata
dal fallito privo di beni, sarebbe del tutto irragionevole, secondo il
Tribunale, precludere l'accesso alla procedura di liquidazione del patrimonio
al debitore non fallibile titolare unicamente di crediti futuri.
Ulteriori
argomenti sono poi evincibili dall'ordinanza emessa dal Tribunale di Verona
(21.12.2018). Considerato come l'art. 14 ter
escluda espressamente dalla liquidazione gli stipendi, le pensioni e i
salari, nei limiti di quanto occorra al mantenimento del debitore e della
propria famiglia, si dovrà necessariamente ritenere che lo stipendio mensile
possa essere incluso nella liquidazione per la quota non occorrente al sostentamento.
Sempre il
Tribunale di Verona ha evidenziato come l'art. 14 quater, L. 3/2012, preveda l'istituto della conversione della
procedura di composizione della crisi in liquidazione, contemplando la possibilità che alla liquidazione del patrimonio si giunga dopo l'infruttuoso
esperimento dei rimedi dell'accordo di composizione della crisi e del piano
del consumatore.
Considerato come
il debitore possa presentare una proposta di accordo di composizione della
crisi prevedendo la messa a disposizione del solo stipendio, e che lo stesso
possa accedere alla procedura di liquidazione del patrimonio in caso di
annullamento dell'accordo o di cessazione degli effetti dell'omologazione del
piano, dovrà conseguentemente ritenersi ammissibile che il debitore possa
accedere direttamente alla liquidazione del patrimonio anche in assenza di
beni, offrendo ai creditori parte dei propri crediti futuri.