Autore: Avv. Matteo Conte
La Corte di Cassazione, Sez. I, con l’ordinanza n. 13221 del 17.05.2021, ha previsto che, nell’ipotesi di dimissioni dalla carica di amministratore di una società, il dimissionario non possa essere ritenuto responsabile di fatti o illeciti commessi in epoca successiva alle sue dimissioni, anche nel caso in cui la cessazione dalla carica di amministratore non sia stata iscritta nel Registro delle Imprese.
Nel caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte, dichiarato il fallimento di una società cooperativa a responsabilità limitata nel marzo 2001, il Curatore conveniva in giudizio, avanti il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, diversi soggetti nelle qualità di Consiglieri, Vicepresidente, Presidente del consiglio d’amministrazione, Sindaci e Presidente del collegio sindacale della società fallita, contestando - oltre all’irregolare tenuta delle scritture contabili - numerose condotte distrattive che avevano pressoché azzerato l’attivo della società.
Con sentenza emessa in data 16.06.2009, il Tribunale dichiarava la responsabilità del Vicepresidente del C.d.A., in solido con altri due membri del consiglio e con i sindaci, per la mancata tenuta delle scritture contabili, per la totale distrazione delle risorse della società dai fini inerenti all’oggetto sociale, nonché per la mancata convocazione dell’assemblea ex art. 2447 c.c., condannando i convenuti al risarcimento del danno.
Avverso tale sentenza, il Vicepresidente del C.d.A. proponeva appello, sostenendo di non essere responsabile dei fatti ascrittigli in quanto la sentenza impugnata gli aveva erroneamente attribuito la qualità di amministratore dal 22.04.1998 fino alla data del fallimento, essendo invece egli cessato dalla carica il 12.12.1998, avendo rassegnato le proprie dimissioni, regolarmente comunicate all’organo amministrativo, che però non le aveva iscritte nel Registro delle Imprese.
Com’è noto, infatti, l’art. 2385, comma 1, c.c. prevede che l'amministratore che rinunzia all'ufficio deve darne comunicazione scritta al consiglio d'amministrazione e al Presidente del collegio sindacale mentre, il successivo comma 3, impone al collegio di iscrivere tale evento nel Registro delle Imprese, entro i trenta giorni successivi.
La rinunzia all’ufficio ha effetto immediato, se, come nel caso in questione, rimane in carica la maggioranza del consiglio di amministrazione, o, in caso contrario, dal momento in cui la maggioranza del consiglio si è ricostituita in seguito all'accettazione dei nuovi amministratori.
Sul punto, il Giudice di primo grado aveva erroneamente ritenuto che le dimissioni non avessero data certa e, pertanto, non fossero opponibili ai terzi, poiché l’atto non era stato iscritto nel Registro delle Imprese ex art. 2385 c.c., e ciò a prescindere dal fatto che l’adempimento dell’iscrizione costituisse un obbligo della società in bonis e non dell’amministratore dimissionario.
Dello stesso avviso la Corte d’Appello di Napoli che, nell’agosto 2014, confermava la sentenza impugnata, aderendo alla tesi secondo cui soltanto la pubblicazione nel Registro delle Imprese avrebbe reso opponibile ai terzi la cessazione dalla carica, essendo del tutto irrilevante l’imputabilità di tale omissione alla società fallita.
Il Vicepresidente del C.d.A. presentava dunque ricorso per cassazione, denunziando la violazione e falsa applicazione dell’art. 2385 c.c., allegando la regolarità delle proprie dimissioni - comunicate a mezzo raccomandata a.r. - e lamentando come dall’istruttoria fosse emerso, del tutto pacificamente, che le condotte contestate fossero successive alle proprie dimissioni.
La Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha dunque chiarito che, in caso di dimissioni dalla carica di amministratore, il dimissionario non possa essere ritenuto responsabile di fatti o illeciti commessi in epoca successiva alle sue dimissioni, anche nel caso in cui la cessazione dalla carica di amministratore non sia stata iscritta nel Registro delle Imprese. Non è quindi configurabile, nei confronti dell'amministratore dimissionario, un’estensione di responsabilità per comportamenti compiuti da altri amministratori in epoca successiva alle dimissioni e nessuna rilevanza assume sul punto l'iscrizione nel Registro delle Imprese della cessazione dalla carica di amministratore, adempimento che peraltro l'art. 2385, comma 3, c.c. pone a carico del collegio sindacale e che non potrebbe quindi essere compiuto dal dimissionario, ormai estraneo alla società.
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