Mancato deposito: sanzioni e responsabilità
Con la sentenza in commento, la Suprema Corte affronta il tema della prova della sussistenza dei c.d. "requisiti di non fallibilità", di cui all'art. 1 Legge Fallimentare, e offre lo spunto per analizzare alcune tra le conseguenze che ruotano intorno al mancato deposito del bilancio di esercizio.
Brevemente, com'è noto, il bilancio è redatto dagli amministratori una volta all'anno, alla chiusura dell'esercizio sociale, e deve essere approvato dall'assemblea ordinaria della società che, a tale scopo, deve essere di regola convocata entro il termine stabilito dallo statuto e comunque non superiore a 120 giorni dalla chiusura dell'esercizio sociale.
Le fasi essenziali del procedimento di formazione del bilancio sono disciplinate agli artt. 2429 e ss. c.c. e si concludono con l'art. 2435, comma 1, c.c. che impone agli amministratori - ovvero ai liquidatori, per le società in liquidazione - di provvedere, entro trenta giorni dall'approvazione, al deposito di una copia del bilancio, corredata dalle relazioni previste dagli articoli 2428 e 2429 (relazione sulla gestione, relazione del collegio sindacale e del soggetto incaricato della revisione legale dei conti) e dal verbale di approvazione dell'assemblea o del consiglio di sorveglianza, presso l'ufficio del Registro delle Imprese.
Per le società non aventi azioni quotate in mercati regolamentati è inoltre previsto il deposito per l'iscrizione nel Registro delle Imprese, entro trenta giorni dall'approvazione del bilancio, dell'elenco dei soci riferito alla data di approvazione del bilancio, con l'indicazione del numero delle azioni possedute, nonchè dei soggetti diversi dai soci che siano titolari di diritti o beneficiari di vincoli sulle azioni medesime.
Quanto alle principali conseguenze legate al mancato deposito del bilancio, l'art. 2630 c.c. - collocato nel Titolo XI del Titolo V del codice civile, dedicato alle "Disposizioni penali in materia di società, di consorzi e di altri enti privati", Capo III "Degli illeciti commessi mediante omissione" - prevede che chiunque, essendovi tenuto per legge a causa delle funzioni rivestite in una società, omette di eseguire, nei termini prescritti, denunce, comunicazioni o depositi presso il Registro delle Imprese, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 103 euro a 1.032 euro.
Se la denuncia, la comunicazione o il deposito avvengono nei trenta giorni successivi, la sanzione è ridotta ad un terzo.
Se si tratta di omesso deposito dei bilanci - prosegue il secondo comma dell'art. 2630 c.c. - la sanzione è aumentata di un terzo.
Tali sanzioni amministrative sono applicate direttamente dal Registro delle Imprese nei confronti degli amministratori, ognuno dei quali è autonomamente e personalmente responsabile del deposito del bilancio, come confermato dalla Corte di Cassazione, secondo cui:
l'obbligo di depositare presso l'Ufficio del Registro delle Imprese - entro trenta giorni dall'avvenuta approvazione - una copia del bilancio societario e della documentazione ad esso correlata, sancito dall'art. 2435 c.c. e la cui inosservanza è sanzionata dall'art. 2630 c.c., deve intendersi gravante su ciascun amministratore della società, sicchè, ove lo stesso rimanga inadempiuto, ognuno di loro risponde per fatto proprio [...]
Cassazione Civile, sentenza n. 21503 del 30 novembre 2012
Con riferimento alle società di capitali in liquidazione, la disciplina codicistica prevede inoltre che, approvato e depositato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori debbano richiedere la cancellazione della società dal Registro delle Imprese. L'ultimo comma dell'art. 2490 c.c. dispone che, qualora per oltre tre anni consecutivi non venga depositato il bilancio nel corso della liquidazione, la società è cancellata d'ufficio dal Registro delle Imprese.
Al di là delle conseguenze di carattere civilistico, si segnalano le inevitabili criticità di carattere reputazionale.
Tornando alla pronuncia in commento, il deposito dei bilanci di esercizio regolarmente approvati consente all'imprenditore eventualmente convenuto per l'accertamento del suo stato di insolvenza, di offrire gli elementi documentali dai quali ricavare il mancato superamento delle c.d. "soglie di fallibilità" e così adempiere all'onere della prova.
È peraltro lo stesso art. 15, comma 4, Legge Fallimentare a prevedere che il debitore debba provvedere al deposito degli ultimi tre bilanci di esercizio. Tale disposizione è oggi pressochè integralmente richiamata dal nuovo art. 41 CCII, che prevede:
Il debitore, nel costituirsi, deve depositare i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi [...].
Art. 41 del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza
Quanto ai
requisiti di non fallibilità, l'
art. 1, comma 2, della Legge Fallimentare - oggi ripreso dall'
art. 2 del Codice della Crisi - prevede l'esenzione dal fallimento per gli imprenditori che dimostrino il possesso congiunto di tre requisiti:
- attivo patrimoniale annuo non superiore a € 300.000
- ricavi lordi annui non superiori a € 200.000
- debiti anche non scaduti non superiori a € 500.000
Nel caso in esame, la Suprema Corte ha evidenziato che, pur costituendo i bilanci il mezzo di prova privilegiato, il debitore può comunque dimostrare la sussistenza delle condizioni che ne escludono la fallibilità con strumenti probatori alternativi, avvalendosi delle proprie scritture contabili o di qualunque altro documento (Cass. n. 21188 del 2021, n. 31188 del 2020, n. 6991 del 2019, n. 30541 del 2018, n. 16067 del 2018).
Secondo la Cassazione, la Corte d'Appello non si era attenuta ai principi esposti, poichè ha affermato che il c.d. "bilancio di verifica" relativo all'esercizio 2016 fosse inattendibile per il solo fatto di non essere mai stato depositato presso il Registro delle Imprese, senza valutare nel merito i dati patrimoniali esposti e il confronto con i bilanci anteriori e la documentazione aggiuntiva prodotta.