Autore: Dott.ssa Elena Ottino
Il processo tributario non ammette alcuna esenzione dal
contributo unificato. È quanto stabilito, in estrema sintesi, dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza 10014 del 15 aprile 2021. Non potendosi operare alcuna interpretazione estensiva o analogica delle norme che prevedono agevolazioni o esenzioni fiscali, per loro natura di stretta interpretazione, a essere tenute a versare il contributo, secondo quanto affermato dal massimo consesso di Piazza Cavour, sono anche le
organizzazioni di volontariato e le
ONLUS in caso di instaurazione di giudizi.
Secondo le
Sezioni Unite, «
le organizzazioni di volontariato e le ONLUS non sono esenti dal pagamento del contributo unificato, ai sensi dell’art. 10 T.U. n. 115 del 2002, non essendo ammessa una interpretazione in via estensiva o analogica delle norme», le quali «
sono soggette al criterio di stretta interpretazione». E neppure può ritenersi violato il principio di uguaglianza per il diverso trattamento agevolato riservato agli atti sostanziali «
volti al perseguimento dei fini statutari delle ONLUS, stante l’eterogeneità delle situazioni messe a confronto». Come affermato dai giudici di legittimità, il contributo unificato è un prelievo coattivo volto al finanziamento delle spese degli atti giudiziari. Pertanto, non può essere comparato ad altre tipologie di esenzione e «
rende non irragionevole il diverso trattamento fiscale a cui il legislatore ha sottoposto le attività, sostanziali e giurisdizionali, delle ONLUS e delle associazioni di volontariato». Conseguentemente, le ONLUS e gli enti non profit, in generale, non sono esonerati dal pagamento del
contributo unificato: tutti coloro che propongono azione giudiziale innanzi alle commissioni tributarie sono tenuti a pagarlo, senza alcuna esenzione in base alla qualità del soggetto.
Come noto, la parte che propone impugnazione (ricorso, appello o appello incidentale) è tenuta a indicare il
valore della lite nelle conclusioni del ricorso e pagare il contributo. La misura è rapportata al valore della controversia:
- 30 euro per controversie di modesto valore fino a 2.582,28 euro;
- 60 euro per controversie di valore da 2.582,29 a 5.000 euro;
- 120 euro per controversie di valore da 5.000,01 a 25.000 euro;
- 250 euro per controversie di valore da 25.000,01 euro a 75.000 euro;
- 500 euro per controversie di valore da 75.000,01 euro a 200.000 euro;
- fino a 1.500 euro per le controversie il cui valore supera 200.000 euro.
Ai fini della determinazione del contributo occorre considerare la
somma dovuta a titolo di tributo che forma oggetto di contestazione. Se la controversia ha ad oggetto esclusivamente le sanzioni inflitte dall’amministrazione finanziaria con l’atto di contestazione, la base di calcolo è costituita dal relativo importo. Anche se il contribuente impugna più avvisi di accertamento con un unico ricorso è comunque tenuto al pagamento del contributo per ogni singolo atto impugnato, calcolato sul valore di ogni singolo accertamento, in base agli scaglioni fissati dalla legge, e non sommando i relativi importi, al netto degli interessi e delle sanzioni.
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