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Il contratto agricolo nel 2025: guida normativa e operativa

Come gestire correttamente assunzioni, paghe e diritti nel lavoro agricolo stagionale

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Questa guida si propone di fornire un panorama completo sul contratto agricolo in Italia nel 2025, chiarendo come funziona, quali sono le tipologie contrattuali previste, i livelli retributivi applicabili e i diritti riconosciuti ai lavoratori agricoli, con un focus specifico sulle regole relative al lavoro stagionale.

Il quadro normativo del lavoro agricolo è complesso e articolato. Comprende leggi nazionali, decreti legislativi, il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL agricolo) e gli accordi territoriali che integrano e adattano le disposizioni alle specificità locali. Conoscere queste norme è essenziale per chi opera nel settore o lo assiste professionalmente, al fine di garantire la corretta applicazione dei contratti, evitare sanzioni e promuovere condizioni lavorative eque.

Tra gli strumenti più importanti per la gestione del personale agricolo vi è il Decreto Flussi, che nel 2025 ha visto un aumento delle quote per l’ingresso di lavoratori stagionali stranieri, in particolare braccianti agricoli e operai specializzati. In questi casi, il contratto agricolo a tempo determinato è la formula più utilizzata, ma negli ultimi anni si è registrato un crescente interesse anche per il contratto agricolo a tempo indeterminato, soprattutto per figure qualificate.

Il CCNL agricolo definisce livelli, mansioni e retribuzioni, distinguendo tra operai agricoli a tempo pieno, lavoratori part-time e stagionali. Viene inoltre stabilito il numero medio di ore settimanali previste dal contratto agricolo, che può variare in base alla mansione e al contratto specifico. A ciò si aggiungono disposizioni su ferie, permessi retribuiti, malattia, indennità e contributi INPS. La corretta gestione del cedolino paga agricolo, dunque, deve tener conto di tutti gli elementi fissi e variabili, incluse le eventuali indennità legate alla stagionalità o alle condizioni di lavoro.

Un altro aspetto centrale è quello legato alla disoccupazione agricola: i lavoratori agricoli, infatti, possono accedere a specifiche forme di sostegno al reddito in caso di interruzione del rapporto, a condizione che siano rispettati determinati requisiti contributivi.

Infine, l’obiettivo di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori agricoli ha portato a un rafforzamento delle normative in materia, con obblighi precisi per i datori di lavoro, anche in relazione all’impiego di manodopera stagionale extracomunitaria.

Quadro normativo

Generale

Il lavoro agricolo, nella sua versione aggiornata al 2025, si fonda su una pluralità di fonti legislative e contrattuali. A livello primario, l'articolo 2135 del Codice Civile definisce l’attività agricola e delimita l’ambito di applicazione delle norme specifiche. Accanto a questo, troviamo leggi speciali in materia di lavoro, tra cui il Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro (D.Lgs. 81/2008), applicabile anche agli operai agricoli, con particolare attenzione alla tutela della salute e alla prevenzione degli infortuni.

Un ruolo determinante nel definire il quadro normativo del lavoro agricolo nel 2025 è svolto dal “Decreto Agricoltura” (Legge 101/2024), nato dalla conversione del D.L. 63/2024. Questo intervento, pensato per supportare imprese agricole, pesca e acquacoltura, prevede misure urgenti che, con ogni probabilità, diventeranno strutturali, influenzando anche gli accordi collettivi agricoli.

Una novità di rilievo è rappresentata dalla legge 203/2024, nota come “Collegato Lavoro”, che ha modificato la definizione di attività stagionale agricola, includendo anche quelle attività necessarie a fronteggiare aumenti temporanei della produzione o legate a cicli stagionali regolati dai contratti collettivi. La legge ha inoltre rivisto la durata del periodo di prova, adeguandolo alla durata effettiva del contratto, con implicazioni pratiche sui contratti agricoli a tempo determinato e indeterminato.

Normative specifiche

Il contratto agricolo stagionale presenta una regolamentazione autonoma, in virtù della sua natura temporanea e delle esigenze specifiche del settore. L’art. 29 del D.Lgs. 81/2015 esclude esplicitamente i contratti tra imprenditori agricoli e lavoratori a tempo determinato dalle regole generali sui contratti a termine, demandando la disciplina ai CCNL agricoli e agli accordi provinciali. Questa esclusione ribadisce la centralità dei contratti collettivi nella definizione delle condizioni di impiego, come il numero di ore settimanali, la paga base e i livelli retributivi.

Uno strumento cardine è il Decreto Flussi, che nel 2025 regolerà l'ingresso di lavoratori stranieri stagionali. Per quest’anno sono autorizzati fino a 110.000 ingressi nel settore agricolo con contratto subordinato a tempo determinato. Le richieste di nulla osta si articolano in due finestre temporali:
  • 1–30 novembre 2024
  • 1–31 luglio 2025
e due giornate di invio ufficiale (i cosiddetti click days):
  • 12 febbraio 2025
  • 1° ottobre 2025

Per inviare la richiesta, i datori di lavoro devono disporre di PEC registrata, e possono richiedere fino a tre nulla osta, salvo eccezioni previste per organizzazioni datoriali e agenzie per il lavoro.

Il Decreto Flussi 2025, coerente con il D.L. 145/2024, ha aumentato le quote rispetto agli anni precedenti, confermando il crescente fabbisogno di manodopera stagionale in agricoltura. Prima di procedere, è obbligatoria la verifica presso i centri per l’impiego della disponibilità di lavoratori già presenti sul territorio nazionale, con un termine di risposta di otto giorni lavorativi.

Durante le fasi di invio delle istanze, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) effettua controlli sulla regolarità delle domande, in collaborazione con:
  • Agenzia delle Entrate
  • AGEA (Agenzia per le erogazioni in agricoltura)

Per favorire la continuità occupazionale, il decreto introduce una semplificazione per i lavoratori agricoli stagionali ricorrenti, permettendo il rilascio di permessi pluriennali fino a tre anni, condizionati al rispetto dei requisiti previsti.

Tipologie di contratto di lavoro nel settore agricolo italiano

Contratti a tempo indeterminato: come funziona

Nel settore agricolo italiano, il contratto di lavoro a tempo indeterminato rappresenta la formula più stabile e continuativa, regolata dalle normative generali sul lavoro e dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL agricolo) per operai agricoli e florovivaisti, attualmente valido fino al 31 dicembre 2025.

La stipula di questo tipo di contratto richiede obbligatoriamente la forma scritta e deve indicare con chiarezza:
  • la descrizione delle mansioni,
  • il livello retributivo,
  • l’orario di lavoro settimanale previsto,
  • l’eventuale periodo di prova, che nel 2025 va dai 14 ai 26 giorni lavorativi a seconda del livello di inquadramento.

I lavoratori assunti con contratto agricolo a tempo indeterminato godono di una maggiore tutela in caso di licenziamento, hanno diritto a ferie retribuite, permessi, malattia e copertura contributiva. Nel 2025, i contributi previdenziali ammontano al 30,30% della retribuzione, di cui l’8,84% a carico del dipendente. Per le aziende che operano anche nella trasformazione o manipolazione di prodotti agricoli, l’aliquota complessiva sale al 32,30%, restando invariata la quota a carico del lavoratore.

Questo tipo di contratto garantisce una retribuzione stabile e diritti continuativi, ed è spesso utilizzato per operai agricoli specializzati o figure impegnate durante tutto l’anno, al di là delle fasi stagionali.

Contratto agricolo a tempo determinato: lavoro stagionale e altre formule

Il contratto agricolo a tempo determinato, più diffuso nel comparto agricolo italiano, si applica sia al lavoro stagionale sia a esigenze di breve durata o attività legate a fasi produttive temporanee. La sua disciplina è affidata alla contrattazione collettiva, in particolare al CCNL e agli accordi provinciali, che definiscono tipologie, durata e condizioni.

Le forme previste includono contratti:
  • per attività di breve durata, saltuarie o occasionali;
  • per l’esecuzione di più lavori stagionali o più fasi produttive durante l’anno, garantendo un minimo di oltre 100 giornate lavorative;
  • con durata superiore a 180 giorni, anche per specifiche esigenze produttive continuative.

Nel contratto stagionale agricolo, il concetto di fase lavorativa è centrale: si tratta di periodi circoscritti in cui è richiesta manodopera per una determinata operazione agricola, ad esempio la raccolta, la potatura o la semina. La presenza di cicli stagionali ricorrenti, riconosciuti dalla contrattazione, consente una flessibilità maggiore rispetto ad altri settori.

I lavoratori assunti con contratto agricolo determinato hanno diritto a:
  • una busta paga agricola conforme ai minimi previsti dal contratto,
  • ferie e permessi in proporzione ai giorni lavorati,
  • accesso alla disoccupazione agricola, se sussistono i requisiti contributivi.

Inoltre, come stabilito da molti accordi territoriali, tali lavoratori hanno diritto di precedenza nelle nuove assunzioni a tempo determinato per le stesse mansioni, nella stessa azienda.

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Retribuzioni, orari di lavoro, riposi e ferie per i lavoratori agricoli

Il lavoro agricolo definisce in modo dettagliato le retribuzioni, gli orari di lavoro, i riposi settimanali e i giorni di ferie spettanti ai lavoratori, siano essi assunti con contratto a tempo indeterminato, determinato o stagionale. Le regole applicabili variano in funzione della tipologia contrattuale e del livello di inquadramento, ma fanno sempre riferimento al CCNL agricolo nazionale e agli accordi collettivi territoriali.

Lavoratori agricoli a tempo pieno e part-time: stipendio e orario settimanale

Per i lavoratori agricoli a tempo pieno, il contratto agricolo 2025 prevede:
  • un orario settimanale di 39 ore, con una ripartizione giornaliera che può variare, ma in media si attesta intorno alle 6 ore e 30 minuti al giorno;
  • la possibilità di lavoro straordinario, regolato da contratti collettivi, con limiti giornalieri e settimanali e maggiorazioni retributive previste per legge e contratto;
  • livelli retributivi minimi stabiliti dal CCNL e adattati a livello provinciale in base alle mansioni (es. bracciante, operatore specializzato, trattorista);
  • riposo giornaliero minimo di 11 ore consecutive ogni 24 ore, e riposo settimanale minimo di 24 ore consecutive, generalmente coincidente con la domenica;
  • ferie annuali retribuite pari a 26 giorni lavorativi, più i giorni festivi nazionali e locali, secondo quanto previsto dal contratto.

Queste condizioni devono essere riportate in maniera trasparente nel cedolino o busta paga agricola, che riepiloga anche eventuali maggiorazioni, indennità o trattenute contributive (INPS, INAIL).

Lavoratori stagionali: retribuzioni, orari e il “terzo elemento”

I lavoratori stagionali agricoli sono soggetti, in linea generale, alle stesse normative relative a orari e riposi dei lavoratori a tempo indeterminato. Tuttavia, il contratto agricolo per il lavoro stagionale introduce alcune specificità importanti:
  • La retribuzione è spesso calcolata su base oraria, con tariffe stabilite nei contratti collettivi provinciali, e può variare in base alla fase lavorativa (raccolta, semina, potatura).
  • È previsto il cosiddetto "terzo elemento" della retribuzione, pari al 30,44% del salario contrattuale, che viene erogato in sostituzione delle ferie non godute, festività e mensilità aggiuntive. Questo meccanismo è tipico del lavoro a termine e consente al lavoratore di ricevere subito compensazioni che, nei contratti a tempo indeterminato, vengono invece maturate nel tempo.
  • Gli orari di lavoro possono essere rimodulati su cinque giorni anziché sei, in base alle esigenze produttive e alle intese locali. Questa flessibilità è fondamentale durante i picchi stagionali, quando è necessario concentrare la manodopera in tempi brevi e intensivi.

Anche per i lavoratori stagionali, i diritti al riposo, la sicurezza sul lavoro e l’accesso a forme di disoccupazione agricola sono garantiti, a condizione che vengano rispettate le regole previste dal contratto collettivo e dalla legge.

Sicurezza sul lavoro e tutela della salute nel lavoro agricolo

La sicurezza sul lavoro è un pilastro fondamentale del lavoro agricolo, indipendentemente dalla tipologia (a tempo determinato, indeterminato o stagionale). Il settore agricolo presenta infatti rischi professionali specifici, che rendono necessaria un’attenta regolamentazione per la tutela della salute dei lavoratori agricoli.

Il riferimento normativo principale è il Decreto Legislativo 81/2008 (Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro), che si applica anche ai lavoratori agricoli autonomi, come coltivatori diretti e coadiuvanti familiari.

Rischi nel lavoro agricolo: cosa prevede il contratto

Il lavoro agricolo comporta rischi concreti e ricorrenti, tra cui:
  • l’utilizzo di macchinari pericolosi, come i trattori agricoli (il ribaltamento dei trattori è una delle principali cause di incidenti mortali);
  • l’esposizione a sostanze chimiche come pesticidi e fertilizzanti;
  • i rischi biologici, tra cui il contatto diretto con animali, batteri o virus;
  • la movimentazione manuale di carichi pesanti, le cadute dall’alto, e le condizioni climatiche avverse, in particolare per chi lavora all’aperto.

Per garantire la conformità normativa, ogni azienda agricola – anche con meno di 10 dipendenti – è tenuta a redigere un DVR (Documento di Valutazione dei Rischi). A tal proposito, sono disponibili modelli semplificati pensati per le attività agricole stagionali, dove la rotazione del personale e la durata ridotta dei contratti richiedono strumenti agili ed efficaci.

Sicurezza e salute dei lavoratori stagionali: obblighi e semplificazioni

Nel contratto agricolo stagionale, gli obblighi in materia di salute e sicurezza sono gli stessi previsti per i lavoratori stabili, ma con alcune semplificazioni. In particolare, per i lavoratori stagionali che svolgono meno di 50 giornate annue, limitatamente ad attività semplici e non esposte a rischi specifici, la normativa consente di assolvere gli obblighi sanitari con una visita medica preventiva biennale.

Tale visita:
  • può essere effettuata dal medico competente aziendale o dal Dipartimento di prevenzione della ASL, a discrezione del datore di lavoro;
  • ha validità di due anni e può essere riutilizzata presso altre aziende agricole, sempre nel limite delle 50 giornate annue;
  • deve essere certificata per iscritto, con copia obbligatoria in possesso del datore di lavoro.

Questa misura facilita l’impiego ricorrente dei lavoratori stagionali, soprattutto nel caso di manodopera straniera soggetta a barriere linguistiche e con percorsi formativi ridotti.

Tuttavia, in presenza di rischi specifici, come l’esposizione a sostanze pericolose o l’uso di macchinari complessi, è obbligatoria una valutazione sanitaria più approfondita e un'adeguata formazione sulla sicurezza, anche per i lavoratori temporanei.

Il ruolo di INAIL e delle istituzioni

L’INAIL gioca un ruolo centrale nella prevenzione degli infortuni sul lavoro in agricoltura. Attraverso:
  • progetti formativi mirati,
  • finanziamenti per l’adeguamento delle attrezzature,
  • e l’analisi dei dati sugli infortuni agricoli,

l’ente supporta le imprese nell’adozione di misure preventive efficaci. È attualmente in fase di implementazione un Piano Triennale 2025–2027, con l’obiettivo di ridurre sensibilmente il numero di incidenti, in particolare quelli legati al lavoro stagionale.

Anche il Ministero del Lavoro è attivamente coinvolto, attraverso circolari operative, linee guida e campagne informative rivolte sia ai datori di lavoro che ai lavoratori.

Previdenza sociale e assistenza sanitaria per i lavoratori agricoli

All’interno del contratto agricolo, un ruolo centrale è ricoperto dalle disposizioni in materia di previdenza sociale e assistenza sanitaria, che tutelano sia i lavoratori agricoli a tempo indeterminato e determinato, sia gli stagionali, inclusi quelli assunti tramite il Decreto Flussi.

Contributi previdenziali INPS per il lavoro agricolo

La gestione della previdenza sociale per i lavoratori agricoli è affidata all’INPS, che si occupa del calcolo e della riscossione dei contributi, nonché dell’erogazione delle prestazioni previdenziali, tra cui malattia, maternità, TFR, pensione e disoccupazione agricola.

Nel 2025, le aliquote contributive INPS sono articolate come riportato in tabella.

Categoria lavoratore A carico del datore A carico del lavoratore Totale
Operai agricoli (tempo determinato o indeterminato) 21,46% 8,84% 30,30%
Aziende agricole con attività di trasformazione 23,46% 8,84% 32,30%

Queste percentuali devono essere correttamente riportate nel cedolino o busta paga agricola, contribuendo a definire la retribuzione netta e gli obblighi fiscali del datore di lavoro.

Disoccupazione agricola: requisiti, importo e scadenze

Uno dei diritti più rilevanti per i lavoratori agricoli a tempo determinato è l’accesso all’indennità di disoccupazione agricola, prevista anche per i lavoratori stagionali. Si tratta di una prestazione erogata dall’INPS a compensazione delle giornate non lavorate nell’anno precedente, e può rappresentare un sostegno economico importante tra una fase produttiva e l’altra.

Per accedervi, è necessario:
  • essere iscritti negli elenchi annuali degli operai agricoli dipendenti per l’anno in corso e per quello precedente;
  • avere almeno 2 anni di assicurazione contro la disoccupazione involontaria;
  • aver maturato almeno 102 giornate di contribuzione nei due anni precedenti alla domanda.

L’importo spettante per i lavoratori con contratto agricolo a tempo determinato è pari al 40% della retribuzione di riferimento. La domanda va presentata entro il 31 marzo dell’anno successivo al periodo di disoccupazione.

Assistenza sanitaria e fondi integrativi

Tutti i lavoratori agricoli regolarmente assunti, inclusi gli stagionali, hanno diritto all’assistenza sanitaria tramite il SSN (Servizio Sanitario Nazionale). Per i lavoratori stranieri che arrivano in Italia attraverso le quote previste dal Decreto Flussi agricolo, è obbligatoria la registrazione al SSN presso l’ASL competente, al momento dell’arrivo.

Oltre all’assistenza pubblica, il CCNL agricolo e alcuni contratti territoriali possono prevedere l’adesione a fondi sanitari integrativi, che offrono prestazioni aggiuntive, come:
  • rimborso ticket sanitari,
  • copertura per visite specialistiche o esami diagnostici,
  • indennità giornaliere in caso di ricovero.

Questi strumenti di welfare contrattuale contribuiscono a migliorare il benessere complessivo dei lavoratori, soprattutto in un settore come l’agricoltura, soggetto a rischi professionali elevati e intense fasi stagionali.

Il ruolo degli accordi collettivi nel lavoro agricolo: CCNL e contratti territoriali

Nel sistema del lavoro agricolo in Italia, gli accordi collettivi, sia a livello nazionale che territoriale, sono strumenti fondamentali per definire in modo puntuale le condizioni normative ed economiche applicabili ai lavoratori del settore.

CCNL agricolo 2022–2025: il riferimento nazionale

Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) per operai agricoli e florovivaisti, valido per il periodo 2022–2025, rappresenta la base normativa per la maggior parte delle imprese agricole italiane. Questo accordo disciplina:
  • i livelli di inquadramento e le qualifiche professionali (bracciante, operatore specializzato, trattorista, ecc.),
  • la struttura retributiva (compresa la paga base per ciascun livello),
  • le regole in materia di orario settimanale di lavoro, ferie, permessi, malattia, infortunio e indennità,
  • le relazioni industriali e i diritti sindacali in azienda.

Il CCNL stabilisce anche le linee guida generali per l'impiego di manodopera stagionale e prevede la possibilità, per le aziende, di introdurre forme di premi di produttività e welfare aziendale attraverso specifici accordi.

Accordi collettivi provinciali: retribuzioni locali e stagionalità

A integrare e adattare quanto previsto dal contratto nazionale intervengono gli accordi collettivi provinciali (o territoriali), che hanno il compito di:
  • definire i minimi salariali locali, adeguati alle caratteristiche del territorio e al costo della vita;
  • stabilire condizioni più favorevoli in tema di malattia e infortunio, attraverso gli Enti Bilaterali Agricoli Territoriali (EBAT);
  • regolare nel dettaglio l’organizzazione del lavoro agricolo stagionale, tenendo conto delle peculiarità delle colture locali e della durata delle fasi produttive.

Ad esempio, in zone a forte vocazione frutticola o vinicola, l’accordo provinciale può prevedere tariffe orarie più alte durante la vendemmia o norme speciali per la gestione dei picchi di attività, anche in riferimento al numero di giornate lavorative garantite ai lavoratori a tempo determinato.

Accordi aziendali: premi e flessibilità

Oltre ai livelli nazionale e territoriale, alcune imprese adottano accordi aziendali specifici, soprattutto se di grandi dimensioni. Tali accordi possono:
  • precisare le condizioni contrattuali applicabili in azienda,
  • introdurre premi di risultato o di produttività legati a obiettivi stagionali o annuali,
  • migliorare le condizioni rispetto a quanto previsto dai contratti collettivi, ad esempio ampliando i benefit o i congedi.

In tutti i casi, l’obiettivo è garantire un equilibrio tra flessibilità aziendale e tutela del lavoratore, in un settore in cui le esigenze produttive variano fortemente nel corso dell’anno.

Contratto agricolo stagionale: le differenze normative regionali

Il contratto agricolo stagionale è regolato a livello nazionale dal CCNL per operai agricoli e florovivaisti, ma la sua applicazione concreta può variare significativamente in base alla regione o provincia. Ciò è dovuto alla presenza di contratti collettivi territoriali, che hanno l’obiettivo di adattare le norme generali alle specificità economiche e produttive locali.

Contratti provinciali agricoli: retribuzioni e orari diversificati

I contratti collettivi provinciali agricoli, oltre a richiamare i principi generali del contratto agricolo nazionale, possono definire:

  • livelli minimi di retribuzione differenti, in base al costo della vita locale o alla disponibilità di manodopera;
  • specifici modelli organizzativi per il lavoro stagionale, soprattutto nei periodi di picco produttivo (ad esempio durante la raccolta della frutta o della vendemmia);
  • modalità flessibili di distribuzione delle ore settimanali di lavoro, con possibilità di concentrare le attività su 5 o 6 giorni, in base alla stagionalità.

Queste differenze influenzano direttamente la busta paga agricola e i diritti maturati dal lavoratore, specialmente in termini di ferie, permessi e indennità sostitutive.

Il ruolo degli EBAT regionali e della sicurezza locale

Ogni regione può inoltre prevedere, tramite gli Enti Bilaterali Agricoli Territoriali (EBAT):
  • trattamenti integrativi in caso di malattia o infortunio,
  • rimborsi o supporti economici per spese sanitarie,
  • contributi per la formazione obbligatoria sulla sicurezza sul lavoro agricolo.

In alcune aree, gli accordi territoriali agricoli possono introdurre requisiti formativi specifici, legati a rischi agricoli prevalenti (es. lavorazione della vite, esposizione al freddo o a prodotti fitosanitari), oltre a misure di sicurezza potenziate per proteggere i lavoratori stagionali, soprattutto quelli stranieri.

Iniziative regionali per il lavoro stagionale

Alcune regioni italiane, come il Trentino-Alto Adige, hanno attivato programmi di coordinamento locale tra aziende agricole e servizi per l’impiego, con l’obiettivo di:
  • facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro agricolo stagionale,
  • promuovere la trasparenza contrattuale,
  • offrire servizi di accoglienza e supporto logistico per i lavoratori.

Queste iniziative stanno generando buone prassi occupazionali che valorizzano il lavoro agricolo e rafforzano il tessuto produttivo locale.

Decreto Flussi e fabbisogno regionale

Anche l’assegnazione delle quote per i lavoratori stagionali stranieri, previste annualmente dal Decreto Flussi, è effettuata su base territoriale dal Ministero del Lavoro, in collaborazione con le Regioni. Il numero di quote disponibili dipende dal fabbisogno agricolo locale, dalle colture presenti sul territorio e dal numero di richieste pervenute.

Le regioni a maggiore vocazione agricola, come Emilia-Romagna, Veneto, Puglia e Campania, sono spesso tra le prime a esaurire le quote, segno di una forte domanda di manodopera stagionale.

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