Autore: Avv. Fabrizio Testa
Il 7 luglio, il
Garante Privacy ha presentato al Senato la
relazione sull’attività svolta nel
2021, occasione utile per ripercorrere gli interventi dell’Autorità e i principi dalla stessa ribaditi in tema di trattamenti di dati personali in ambito di Giustizia.
Produzioni in giudizio
Sovraindebitamento
Investigazioni private e P.A.
Forze di Polizia
Produzioni in giudizio
Quanto ai
trattamenti in ambito giudiziario, diversi reclami hanno riguardato la legittimità della
produzione in giudizio di informazioni in relazione alla normativa in materia di protezione di dati personali. L’Autorità ha precisato che spetta al Giudice, ove ritualmente richiesto, la competenza a valutare la liceità del trattamento in giudizio dei dati personali dell’interessato, in quanto l’art. 160-bis del Codice stabilisce che la validità, l’efficacia e l’utilizzabilità nel procedimento giudiziario di atti, documenti e provvedimenti basati sul trattamento di dati personali non conformi a disposizioni di Legge o di regolamento, restano disciplinate dalle pertinenti disposizioni processuali.
L’Autorità ha tra l’altro esaminato:
- un reclamo nel quale i dati dell’interessata sono stati oggetto di una circolazione all’interno di un giudizio, del quale era parte, essendo venuta a conoscenza che tra gli allegati della controparte vi era una memoria contenente proprie informazioni prodotta in un altro procedimento;
- un reclamo concernente la lamentata redazione da parte di un Avvocato di un pignoramento presso terzi, per un credito che una società assicuratrice dichiarava di vantare nei confronti del reclamante, in un’unica stesura inviata a tutti i soggetti individuati come terzi;
- un reclamo con cui è stato lamentato l’illecito trattamento di dati personali a seguito di uno scambio di email tra un Avvocato e una società, in cui la reclamante lamentava la divulgazione, da parte dell’Avvocato, di informazioni concernenti il riconoscimento di paternità della figlia, elemento totalmente estraneo ai mandati conferiti e di nessun interesse per il destinatario della comunicazione.
In questi casi il Garante, archiviando i reclami, ha fornito
chiarimenti comunque utili:
- ai sensi del citato articolo 160-bis del Codice, la circolazione in giudizio dei dati personali, anche contenuti in prove costituite o costituende, è regolata dalle disposizioni processuali applicabili;
- il Garante incontra il limite di cui all’art. 154, comma 7, del Codice, secondo il quale “non è competente per il controllo dei trattamenti effettuati dalle autorità giudiziarie nell’esercizio delle loro funzioni”;
- la legittimità del trattamento dei dati per difendere un diritto in giudizio è assicurata, per le particolari categorie di dati, dall’art. 9, par. 1, lett. f ), del RGPD, ai sensi del quale il trattamento è lecito se necessario per accertare, esercitare o difendere un diritto in sede giudiziaria o ogniqualvolta le autorità giurisdizionali esercitino le loro funzioni giurisdizionali e a fortiori, per tutti i dati personali, dall’art. 6, par. 1, lett. f ), del medesimo RGPD il quale prevede che il trattamento è lecito se necessario per perseguire un interesse legittimo del titolare;
- il Garante non può quindi interferire con l’attività in corso dell’Autorità giudiziaria, deve rispettare i diritti dei soggetti coinvolti (quali, per es. la facoltà di non rendere dichiarazioni a sé pregiudizievoli, ex art. 64 c.p.p.) e quindi di non può effettuare gli accertamenti indispensabili per assumere le determinazioni di competenza.
Sovraindebitamento
L’Autorità si è anche occupata della tutela della riservatezza dei dati personali di coloro che sono coinvolti nella procedura di composizione in tribunale delle crisi da
sovraindebitamento, disciplinata dalla Legge 3/2012. In particolare, due interessati si sono rivolti al Garante lamentando che, digitando su Google il proprio nominativo, si veniva indirizzati ad un pdf contenente il ricorso (e la relativa documentazione allegata) per la liquidazione del patrimonio ex art. 14-ter della predetta Legge n. 3/2012, da cui si ricavava una descrizione dettagliata della situazione economica dei ricorrenti, la composizione del nucleo familiare e, pertanto, i dati del figlio minore, nonché informazioni sullo stato di salute della reclamante.
Il Garante ha ribadito di non essere competente per il controllo dei trattamenti effettuati dalle Autorità giudiziarie nell’esercizio delle loro funzioni, ma ha rappresentato che il trattamento effettuato dal tribunale, consistente nella divulgazione dei dati in questione per il tramite del sito istituzionale del medesimo tribunale, è disciplinato dal RGPD e dal Codice, applicabili anche ai trattamenti di dati personali effettuati dall’Autorità giudiziaria nell’esercizio di funzioni giurisdizionali diverse da quelle penali, pur con alcune deroghe. Valgono, quindi, per i trattamenti in questione, tra gli altri, i principi di proporzionalità, non eccedenza e minimizzazione dei dati (che, si ritiene, dovranno orientare gli uffici giudiziari a richiedere, e gli Avvocati e i professionisti a produrre, atti e relazioni in “formato privacy”, con opportuni oscuramenti di dati).
In merito, invece, al rinvenimento della documentazione sul menzionato motore di ricerca, la disciplina in materia di protezione dei dati personali consente all’interessato di esercitare i diritti di cui agli artt. 15 e ss. del RGPD direttamente nei confronti del motore di ricerca titolare del trattamento.
Investigazioni private e P.A.
Il Garante ha inoltre ammonito:
- una società di investigazione privata che, incaricata di verificare la correttezza della condotta di una lavoratrice in merito alla fruizione di permessi retribuiti giustificati dalle condizioni di salute della madre, ha riportato nel rapporto investigativo l’indicazione della specifica malattia di cui presumibilmente quest’ultima era affetta, con violazione dell’art. 5, comma 1, lett. c), del RGPD, secondo cui i dati personali devono essere adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati;
- una p.a. che, a fronte della richiesta di riesame di un diniego di accesso presentato da un suo dipendente alla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi, aveva comunicato alla Commissione stessa dati personali del reclamante ulteriori rispetto a quelli necessari a giustificare la mancata ostensione dei documenti richiesti, sulla persona e personalità del medesimo e pertanto non pertinenti.
Forze di Polizia
Quanto ai
trattamenti da parte di Forze di polizia, l’Autorità ha adottato un provvedimento sanzionatorio di 75.000 euro nei confronti del Ministero dell’interno per l’illecito trattamento di dati personali da parte di una questura, a seguito della divulgazione nelle pagine Facebook e Twitter di due
video con logo della Polizia di Stato, originariamente realizzati dai trasgressori sulle atroci sevizie subite da un uomo, in occasione della comunicazione alla stampa delle avvenute operazioni di arresto di 8 giovani. Seppur la finalità sottesa al trattamento in esame, ovvero quella della prevenzione dei reati, doveva ritenersi legittima, la divulgazione in questione è risultata illecita, non solo perché non necessaria per tale finalità ma anche perché in pregiudizio della dignità dell’interessato, la cui tutela deve essere garantita anche dopo il decesso.
In relazione ad un reclamo concernente un
comunicato stampa dell’Arma dei Carabinieri relativo all’arresto di un minore e ritenuto lesivo del diritto alla riservatezza dell’interessato in quanto, pur non contenendone il nome, faceva espresso riferimento a dati riconducibili al medesimo arrestato e alla sua famiglia, l’Autorità ha ritenuto che il testo non contenesse elementi tali da renderlo identificabile, tenuto conto che la realtà territoriale dove era avvenuta l’operazione di polizia era costituita da una comunità di circa 20 mila persone. Ad ogni modo, con specifico riferimento alle modalità con cui vengono divulgate notizie riguardanti procedimenti giudiziari in cui sono coinvolti minorenni, ha segnalato all’Arma l’opportunità di adottare la massima attenzione per far sì che l’informazione da parte delle Forze dell’ordine su procedimenti in corso, anche di rilievo pubblico, non vada a discapito dei diritti dei minori.