La circolazione dei crediti è uno strumento che negli ultimi anni è divenuto molto utilizzato.
Accanto alla cessione “uno a uno” si sono imposti portafogli venduti in blocco, spesso nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione.
In questo contesto la Corte di cassazione ha progressivamente spostato l’attenzione dai formalismi alla sostanza, soprattutto quando si tratta di comprendere se e quando la cessione è opponibile al debitore e quali prove debba produrre in giudizio chi ha acquistato il credito.
Il punto di partenza resta l’art. 1264 c.c.: la cessione produce effetti nei confronti del debitore quando questi l’abbia accettata o gli sia stata notificata.
Se il cessionario dimostra che il debitore era venuto comunque a conoscenza del trasferimento, la tutela scatta ugualmente. Non conta tanto il contenitore, quanto il contenuto della comunicazione e la sua idoneità a rendere chiaro chi è il nuovo titolare del credito e quale rapporto è stato trasferito.
Su questa linea si colloca l’ordinanza n. 25496 del 17.09.2025. La Suprema Corte chiarisce che non serve una “notifica processuale” in senso tecnico per rendere efficace la cessione verso il debitore. È sufficiente un atto che lo metta davvero in condizione di sapere: chi cede, chi acquista, quale credito è oggetto di trasferimento, da dove nasce e a quanto ammonta.
In altre parole, una raccomandata o una PEC possono valere quanto una notifica formale, se contengono i dati essenziali e lasciano traccia della ricezione. Da quel momento in poi, un eventuale pagamento al vecchio creditore non libera più: il rischio del doppio esborso ricade sul debitore che decide di ignorare la comunicazione.
Questo spostamento dalla “forma” alla “prova della conoscenza” ha conseguenze pratiche evidenti.
Per i cessionari significa poter impostare strategie di gestione più snelle, curando la qualità delle comunicazioni (complete, leggibili, verificabili) più che l’etichetta formale.
Per i difensori dei debitori, al contrario, la partita si gioca meno su cavilli e più su ciò che la controparte riesce davvero a dimostrare: quando è arrivata l’informazione? che cosa diceva esattamente? era riferibile senza ambiguità al rapporto in contestazione?
Diverso è il discorso, pur collegato, delle cessioni in blocco regolate dall’art. 58 TUB (e dall’art. 4 della legge sulla cartolarizzazione).
Qui il legislatore ha previsto un regime pubblicitario speciale: iscrizione nel Registro delle imprese e pubblicazione in Gazzetta Ufficiale che tengono luogo della notifica ai singoli debitori.
Dal giorno della pubblicazione, l’operazione è opponibile erga omnes. Anche in questo caso, la pubblicità sostitutiva non esonera dall’onere di dimostrare che proprio quel credito, e non un altro, è finito dentro il perimetro ceduto.
Se il debitore contesta l’inclusione, il cessionario non può limitarsi alla produzione della Gazzetta; deve portare in giudizio documenti che collegano il singolo rapporto alla specifica cessione - liste, estratti, criteri selettivi precisi per tipologia, datazione o parametri oggettivi.
Talvolta l’avviso in Gazzetta è così dettagliato da consentire, da solo, l’individuazione del credito; più spesso, invece, serve un fascicolo ben istruito. Di fronte a una comunicazione efficace del cessionario, continuare a pagare il cedente diventa pericoloso.
Le eccezioni sostanziali - avvenuto pagamento, prescrizione, nullità del contratto originario, inadempimenti - restano naturalmente tutte in piedi; semplicemente, la linea difensiva fondata sui soli vizi di notifica è meno promettente se la controparte riesce a provare che l’informazione è arrivata in modo comprensibile e tempestivo.
In definitiva, l’orientamento della Cassazione fotografa un sistema più moderno: meno formalismi e più attenzione alla realtà dei rapporti. È un approccio che favorisce la circolazione dei crediti, senza sacrificare le garanzie del contraddittorio. Ma chiede a tutti - servicer, SPV, banche, studi legali - un salto di qualità nella cura della prova.
Chi compra un credito deve poter dimostrare di esserne titolare e di avere messo il debitore nelle condizioni di saperlo; chi lo contesta, per parte sua, deve puntare su eccezioni concrete e documentate, non su inutili formalismi.