Il sistema di responsabilità degli enti delineato dal Decreto Legislativo 231/2001 individua il criterio d’imputazione del fatto illecito commesso da parte delle persone fisiche che agiscono per conto dell’ente nello specifico interesse o vantaggio dell’ente stesso (art. 5 d.lgs. 231 cit.), così
escludendo che possa essere attribuito alla persona morale un reato commesso sì da un soggetto incardinato nell’organizzazione ma per fini estranei agli scopi di questo
Cass., Sez. IV, 11 gennaio 2023, n. 570
Conseguentemente, l’ente risponde per un fatto proprio e non per un fatto altrui. Per scongiurare il rischio di fondare l’addebito su criteri di responsabilità oggettiva, non ammessi nel nostro ordinamento, l’illecito deve derivare da un addebito direttamente e specificamente rimproverabile all’ente medesimo.
Questo addebito è la colpa di organizzazione, consistente nel mancato allestimento di misure organizzative idonee a prevenire e scongiurare i reati, quando - e soltanto quando - questi siano orientati al conseguimento di un vantaggio o alla realizzazione di un interesse dell’ente.
Secondo le Sezioni Unite della Cassazione, la colpa di organizzazione consiste in un “preciso assetto organizzativo negligente dell’impresa”, che si traduce in una inottemperanza da parte dell’ente all’obbligo di adottare le cautele organizzative e gestionali necessarie per prevenire i reati che fondano la responsabilità del soggetto collettivo (SS.UU, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn).
Possiamo, insomma, parlare di un vero e proprio deficit di cautela collegato al reato presupposto (Cass., Sez. IV, 11 gennaio 2023, n. 570).
In altri termini, la colpa di organizzazione esprime lo stesso concetto e svolge la stessa funzione della colpa nel reato commesso dalla persona fisica, quale componente soggettiva del fatto tipico, che tuttavia non si esaurisce nella mancata adozione o nell’inefficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione previsti dagli artt. 6 e 7 del D.Lgs. 231/2001.
Evitare la colpa di organizzazione grazie al modello 231
Quanto sopra spiega perché il legislatore ha previsto che gli enti si dotino di modelli organizzativi idonei a garantire un sistema concreto di contenimento dei rischi connessi all’attività svolta.
L’adozione del modello organizzativo 231 può escludere la colpa di organizzazione, a condizione che il modello sia idoneo a scongiurare i reati e che la sua osservanza sia costantemente monitorata nel tempo.
Il Decreto 231 fa espresso riferimento alla possibilità per l’ente di adottare modelli organizzativi e gestionali idonei a prevenire reati della stessa specie di quello verificatosi e affida il compito di vigilanza su funzionamento, osservanza e aggiornamento del modello a un organismo dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo (art. 6, comma 1, lett. a) e b), D.Lgs. 231/01).
L’adozione e la concreta attuazione del modello esonerano l’ente dalla responsabilità amministrativa da reato, evitando l’applicazione di sanzioni pecuniarie, sanzioni interdittive, confisca e persino la pubblicazione della sentenza.
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